I lavoratori dell’artigianato lucchese da mesi non ricevono la Cassa Integrazione. L’ intervento di Fabio Bertei, responsabile Artigianato della CGIL Lucca.

I lavoratori dell’artigianato lucchese da mesi non ricevono la Cassa Integrazione. L’ intervento di Fabio Bertei, responsabile Artigianato della CGIL Lucca.

LUCCA – Sabato 13 Febbraio 2021

Da ottobre e in molti casi da settembre non viene versata la cassa integrazione
Fabio Bertei (Cgil): «Soltanto in Lucchesia dramma per migliaia di persone»

Dipendenti dell’artigianato
non ricevono un euro da mesi

Da ottobre, e in alcuni casi anche da settembre, senza stipendio. Una situazione insostenibile come si può facilmente comprendere, ma anche una situazione assurda, perché i soldi ci sono pure, il difficile è farli arrivare nelle tasche di chi ne ha diritto. Stiamo parlando del “Fondo di solidarietà bilaterale per l’artigianato”, in sigla Fsba, in pratica la cassa integrazione dei dipendenti artigiani. I soldi per pagare i lavoratori rimasti a casa – complice quel maledetto Covid – sono stati stanziati, «ma per colpa della burocrazia si stanno registrando difficoltà a versarli a chi ne ha diritto», spiega Fabio Bertei, responsabile del settore artigianato della Fiom Cgil. Soldi che questi lavoratori costretti all’inattività forzata non riescono a portare a casa da mesi, e sono tanti: «Parliamo di migliaia di persone solo nella nostra provincia – riprende Bertei – a inizio del lockdown, quasi un anno fa, in Lucchesia erano 8.500 le persone in Fsba, adesso che però molte attività hanno ripreso quel numero è calato, ma restano comunque moltissime le persone che non lavorano e che devono fare affidamento sulla cassa, nell’ordine appunto delle migliaia. Questo perché anche nel caso delle attività che son ripartite in molti casi non lo hanno fatto a pieno organico. Per fare un paio di esempi, molti parrucchieri ed estetisti, per rispettare le regole sul distanziamento, lavorano con meno dipendenti. Oppure i panifici, visto che le quantità di ordinativi in molti casi si sono ridotti (per esempio per i mancati ordinativi di ristoranti e alberghi), non lavorano a pieno organico. E lo stesso esempio si potrebbe estendere al calzaturiero, al metalmeccanico, alla falegnameria, al lapideo e così via».Per sostenere queste persone era stata attivata appunto la Cassa, alias Fsba, ma chi ancora sta aspettando di rientrare al lavoro da parecchio tempo non riceve nemmeno quei soldi: «Siamo in gran parte fermi a settembre. Il mese di ottobre è stato pagato all’incirca a solo il 30 per cento delle imprese, per novembre dicembre e gennaio ancora non è stato versato un euro. Si tratta di persone, e dietro di loro di famiglie, che sono veramente in crisi, che ci chiamano tutti i giorni per segnalare il dramma che stanno vivendo. Noi cerchiamo di fare pressione come Cgil a livello regionale e locale. Abbiamo segnalato questa cosa anche in prefettura».E come corollario di questa situazione drammatica si aggiungono anche storie particolari, quelle di chi oltre a non ricevere soldi, subisce anche indirettamente un forte pressione psicologica: «Ci siamo accorti – chiude Bertei – che alcune aziende costrette a rinunciare a una parte dei dipendenti tendono a tenere a casa sempre le stesse persone, a non farle ruotare. E questo porta a pensare, in chi rimane a casa, che in caso di tagli di posti di lavoro sarà il primo a essere cacciato. Meno male che c’è il blocco dei licenziamenti». –© RIPRODUZIONE RISERVATA

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