Il primo commento di Maurizio Landini sugli ultimi sviluppi della crisi di governo.

Il primo commento di Maurizio Landini sugli ultimi sviluppi della crisi di governo.

Landini: «Governi tecnici non esistono. La vicenda di Renzi insegna: non abbiamo bisogno di uomini soli al comando»
Marco Togna

Occorre ricostruire un rapporto di fiducia con il Paese, servono risposte immediate su licenziamenti e ammortizzatori sociali e c’è bisogno di non perdere l’occasione che arriva dalla straordinaria quantità di risorse messe a disposizione dalla Ue. Il primo commento del segretario generale della Cgil alla fine dell’esecutivo Conte e alla decisione del presidente della Repubblica di convocare l’ex governatore della Banca centrale europea Mario Draghi per affidargli l’incarico arriva dai microfoni della trasmissione Dimartedì su la7

La notizia è arrivata nella serata di ieri (2 febbraio): il presidente della Camera Fico ha comunicato al capo dello Stato che al momento una maggioranza a sostegno di un governo politico non si trova. Sfumata così l’ipotesi di un Conte ter Sergio Mattarella ha preso la parola: no a nuove elezioni in piena pandemia, la strada obbligata secondo il Colle è quella di un governo tecnico. Alle 12 di oggi (3 febbraio) a salire al Colle sarà quindi l’ex governatore della Banca centrale europea Mario Draghi. Le prime reazioni dal sindacato di Corso d’Italia arrivano attraverso i microfoni della trasmissione diMartedì su la7. A intervenire è il segretario generale della Cgil Maurizio Landini. “Io penso che i governi tecnici non esistano perché devono essere votati in Parlamento. Perciò non facciamo finta che esistano perché devono, comunque, avere una maggioranza politica e questo governo dovrà fare delle cose”.

Come aveva già fatto ripetutamente nei giorni precedenti quando aveva definito incomprensibile la crisi di governo, Landini ricorda quali sono le priorità indipendentemente da chi guiderà il nuovo esecutivo, Draghi compreso: “Il piano da presentare in Europa, innanzitutto, perché il governo non potrà presentare il piano che gli pare. Ci sono delle condizionalità, degli obiettivi che vanno costruiti e vanno costruiti anche investimenti per creare lavoro, per riformare il nostro Paese. C’è, perciò, una discussione da fare. In più ci sono dei problemi immediati. Lo ha detto anche il presidente della Repubblica: il 31 marzo scade il blocco dei licenziamenti, se non c’è una proroga e non c’è una riforma degli ammortizzatori sociali altro che 400mila posti di lavoro persi in un anno, rischiamo ben altre situazioni. Quindi ci sono delle scelte da compiere, ci sono degli indirizzi precisi da seguire e aggiungo una cosa: bisogna ricostruire un rapporto di fiducia”.

Il messaggio è chiaro. E Landini lo precisa ancora di più tornando sulle responsabilità politiche della crisi e alle polemiche degli ultimi giorni attorno al viaggio di Renzi in Arabia Saudita: “A me la cosa che ha colpito del senatore Renzi – lo dico in modo molto chiaro – è che mentre noi abbiamo perso 400mila posti di lavoro e c’è gente che prende poco più di mille euro al mese, lui – se è come ho letto – ha preso un gettone di 80mila in Arabia Saudita, una somma che per alcuni vuol dire cinque anni di lavoro, poi è tornato in Italia e l’unica cosa che ha saputo fare è stata la crisi di governo, non si capisce perché. Quando dico che è il momento della responsabilità vuol dire anche che bisogna ricostruire un rapporto con le persone che si rappresentano, non so se è chiaro, altrimenti non so cosa ci sta a fare uno lì perché non serve e non abbiamo bisogno di fenomeni, di furbi, di uomini soli al comando, abbiamo bisogno di rivolgerci al Paese. Guardate che nella prima fase della pandemia – e questo è il punto – quando il governo aveva avuto un consenso aveva investito sulle parti sociali: quando abbiamo fatto i protocolli sulla sicurezza, quando abbiamo affrontato questi temi, ci si è rivolti agli imprenditori, ai lavoratori, il messaggio che è passato è che bisognava difendere la salute per rilanciare il Paese. Nella seconda parte di quest’anno, invece, quando la discussione è diventata interna al governo e non si capiva più cosa stava succedendo fino ad arrivare alla crisi, c’è stata una rottura con il Paese e questo ha determinato la crisi. Allora l’occasione che abbiamo adesso è questa: ricostruire una sintonia con il Paese, con il mondo del lavoro, con le imprese che vogliono uscire da questa situazione e siccome abbiamo 300 miliardi in sei anni e non è mai successa una cosa di questo genere, credo che questo sia il punto da affrontare”.

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